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Coronavirus, Zaia: “Servono leggi per tracciare i movimenti dei telefonini” | Come funziona negli altri Paesi

Le compagnie telefoniche italiane sono pronte a fornire tutti i dati a disposizione. In Corea del Sud il tracciamento delle persone ha spento i focolai

Il tracciamento dei movimenti attraverso i cellulari per limitare la diffusione del coronavirus “è un’ottima soluzione”, dice il governatore del Veneto Luca Zaia, secondo cui però c’è un problema di privacy. “Ma siamo in emergenza, e ci vuole un provvedimento per queste attività”, ha aggiunto. “Ci hanno proposto dei software stratosferici, però mi metto nei panni dei cittadini, bisogna che ci sia una legittimazione giuridica”, ha concluso.

Operatori telefonici pronti a fornire i dati – Nei giorni scorsi gli operatori telefonici avevano detto di essere pronti a mettere a disposizione delle autorità le informazioni aggregate ricavate dai dati relativi alla mobilità di tutti i propri clienti. Questo pur garantendo il rispetto di tutte le disposizioni vigenti a tutela della sicurezza e della privacy individuale, come disposto dalla normativa europea GDPR (General Data Privacy Regulation). E infatti la Lombardia ha colto l’occasione per capire quanti cittadini fossero ancora in giro nonostante i divieti. Asstel, l’associazione degli operatori,  si dice pronta a fare di più per “aiutare la Protezione Civile, l’Istituto Superiore di Sanità, le Regioni e le altre autorità impegnate in prima linea per combattere la pandemia”.

 

La situazione in Israele – Ma come funziona negli altri Paesi? Gli ultimi in ordine temporale sono gli israeliani che attraverso lo Shin Bet, i loro servizi segreti, stanno monitorando gli spostamenti di tutti quei cittadini risultati essere positivi al coronavirus. Per farlo utilizzano un database creato nel 2002 e servito per contrastare il terrorismo. Milioni i dati contenuti in questo database che traccia spostamenti e orari di tutti i possessori di un telefonino che aggancia la rete telefonica di Israele. Un accesso a dati sensibili che il premier Netanyahu ha chiesto (e ottenuto) dal Parlamento per 30 giorni.

 

La Cina riconosceva anche i volti – Più invasivi i metodi cinesi che con la crescita esponenziale dei contagi è partita al cyber-contrattacco. Da Pechino è arrivato il via libera per la creazione di una app che attinge a tutti i dati a disposizione del governo, compresi i database dei trasporti comprese le compagnie aeree. Chi poteva aver incrociato un ammalato (anche i dati di salute non godono di grande protezione) veniva avvisato e di conseguenza poteva isolarsi ed essere sottoposto a tampone. Inoltre telecamere e droni pattugliavano le città alla ricerca di chiunque non indossasse la mascherina (obbligatoria per tutti nelle zone focolaio). Questo grazie anche ai potentissimi software di riconoscimento facciale.

 

I Corea del Sud tutti tracciati e tamponi di massa – E infine il caso più citato nelle ultime settimane, quello della Corea del Sud. Qui i contagi, senza chiudere le città, sono stati alla fine circoscritti a poche migliaia. Questo è stato possibile attraverso una app per smartphone scaricata dalla stragrande maggioranza dei cittadini. Quando una persona risultava infetta, i suoi spostamenti (quelli degli ultimi 14 giorni) venivano caricati in un database il quale lo incrociava coi tragitti di tutti gli iscritti. Ci pensava poi la app ad avvisare le persone che avrebbero potuto essere entrate in contatto con l’infetto per spingerlo a farsi fare un tampone preventivo. Questo ha permesso a Seul di battere il covid-19.

 

Fonte: TGCOM24

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