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L’AIC proclama lo sciopero, poi ci ripensa: ‘Serie A va fermata, qualcuno non ha il coraggio. Ci sono già casi di positività tra i professionisti’

L’Associazione italiana calciatori aveva proclamato lo sciopero, salvo poi ripensarci. L’AIC aveva fatto sapere in una bozza di comunicato che “nell’intento di tutelare il diritto fondamentale alla salute dei propri associati, anche al fine di garantire la loro incolumità potenzialmente lesa da un pericolo alla propria salute grave ed immediato proclama lo stato di agitazione e indice lo sciopero per le giornate del 08/03/2020 de del 09/03/2020, riservandosi la proclamazione di ogni ulteriore azione collettiva”.

NESSUNO SCIOPERO, NON TUTTI ERANO D’ACCORDO – Nessuno sciopero dei calciatori al momento, dunque: dopo che è circolato un comunicato con il quale l’AIC aveva proclamato lo stato di agitazione e il conseguente sciopero, in seguito alla stretta del governo e alla creazione di nuove zone rosse. Si trattava semplicemente di una bozza circolata tra l’assocalciatori e i suoi rappresentanti nelle varie squadre dei nostri campionati. Preso atto che non tutti erano per dire stop alle partite, dopo gli opportuni confronti la decisione è stata quella di non proclamare lo sciopero, in attesa del consiglio federale del 10 marzo.

LA BOZZA DI COMUNICATO – Il provvedimento era arrivato a seguito di colloqui con i propri rappresentanti di Lega A, Lega B e di Lega Pro. Nel comunicato si legge ancora: “Come noto, il Paese si trova in una situazione di emergenza sanitaria a causa dell’esplosione epidemiologica del COVID-19 che, da ultimo, ha portato il Governo ad adottare nuove misure di contenimento dell’emergenza, valevoli dal 08/03 al 03/04 e che, nello specifico, prevedono il divieto di ingresso e di uscita dalla Lombardia e dalle Province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Venezia, Padova, Treviso, Asti e Alessandria. Come noto, nella citata “zona di sicurezza” sono previste limitazioni strettissime, tra le quali a titolo esemplificativo e non esaustivo, spiccano la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado, la sospensione degli eventi pubblici, la chiusura anche dei musei, palestre, piscine, teatri, centri sociali e culturali, il blocco dei concorsi pubblici ad esclusione di quelli per il personale sanitario, la sospensione delle cerimonie civili e religiose, comprese quelle funebri, nonché l’ingresso contingentato all’interno dei locali commerciali e delle attività di ristorazione. Si tratta, dunque, di misure che rispondono alla logica necessità di evitare assembramenti di persone e contatti tra le stesse a distanza inferiore di un metro al fine di contenere la diffusione del COVID-19. Tuttavia, si apprende che le restrizioni non riguardano gli eventi e le competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, che vedono coinvolti i nostri associati, in quanto: “resta consentito lo svolgimento dei predetti eventi e competizioni, nonché delle sedute di allenamento degli atleti agonisti, all’interno di impianti sportivi utilizzati a porte chiuse, ovvero all’aperto senza la presenza di pubblico. In tutti tali casi, le associazioni e le società sportive, a mezzo del proprio personale medico, sono tenute ad effettuare i controlli idonei a contenere il rischio di diffusione del virus COVID-19 tra gli atleti, i tecnici, i dirigenti e tutti gli accompagnatori che vi partecipano. Non vi sono ad oggi e anche a causa del brevissimo tempo dall’emanazione delle varie normative, tuttavia, indicazioni circa le misure idonee che consentano il rispetto integrale del diritto alla salute dei lavoratori sportivi, in particolare considerando il carattere necessariamente nazionale del campionati professionistici e la necessità di trasferte organizzate per la celebrazione di ogni partita, e ciò determinandosi uno stato di assoluta incertezza sulla corretta modalità di esercizio dell’attività lavorativo-sportiva”.

LA NOTA UFFICIALE – In una nota l’assocalciatori ribadisce la sua posizione in merito all’emergenza coronavirus: “I campionati vanno fermati. Il segnale che le istituzioni sportive danno è pessimo. È pericoloso viaggiare da e per le zone rosse, è pericoloso giocare a calcio, è pericoloso salutarsi. Le squadre oggi stanno purtroppo scendendo in campo per dovere nei confronti di chi non ha il coraggio di decidere che il calcio non può avere deroghe contro il coronavirus. Martedì ci sarà il consiglio federale, ci aspettiamo una cosa sola, la sospensione dei campionati fino a quando non ci saranno le condizioni per giocare”. 

ANCORA TOMMASI – Damiano Tommasi, Presidente dell’Assocalciatori, ha commentato così il caos Serie A e il possibile sciopero dei giocatori ai microfoni di Rai Sport durante la trasmissione ’90° Minuto’: “La situazione è grave e seria, il messaggio che il mondo del calcio deve dare è che oggi non si può giocare a calcio. Purtroppo il Paese non ha ancora capito che vanno cambiate le abitudini e il modo di vivere. Abbiamo già casi di positività al Coronavirus nelle squadre professionistiche, serve più attenzione alla nostra salute”.

Se martedì non sarà imposto dall’alto di interrompere il campionato di Serie A, i calciatori faranno sciopero?
“No, non deve passare il messaggio che non si gioca perché non vogliono i giocatori. Non è così. Non si deve giocare, non si può giocare. Martedì i giocatori devono essere aiutati da chi prende le decisioni ad avere anche loro una vita sociale diversa, così come tutti gli italiani. Andrà cambiato il modo di stare all’allenamento, di viaggiare, di stare in una città che non è la tua… Il campionato non può continuare con queste condizioni”.

Fonte: Calciomercato.com

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